Errori fatali Renzi è un giovane premier entusiasta che vuole fare bene e vuole fare cose importanti per il Paese. Egli è convinto, a ragione, che la crisi sia drammatica. Un successo del suo governo è quindi per lui indispensabile, non solo sul piano delle ambizioni personali, che sono comunque lecite, o perché è stato definito “l’ultima speranza dell’Italia” e facciamo gli scongiuri. Ma perché, sul piano politico morale, egli è subentrato ad un governo guidato da un esponente del Pd proprio per ottenere quei risultati che mancavano. Se non li ottenesse, Renzi verrebbe additato come un ambizioso che non si arresta davanti a niente e capace di compromettere persino il suo stesso partito. E’ raro trovare un presidente del consiglio sottoposto ad una tale pressione, considerato che il suo governo è subentrato a legislatura in corso e non dispone nemmeno del tempo intero della stessa. Condizioni terribili e tali da indurre a commettere errori fatali. Il metodo seguito da Renzi per le riforme va riconosciuto come razionale. Renzi non si è preoccupato di dare patenti morali, né di seguire le questioni giudiziarie che pure sono complesse. Invece ha cercato le opposizioni per individuare un percorso e lo ha trovato con chi era disponibile. Il percorso purtroppo per lui e per noi è quello tracciato da vent’anni di maggioritario, e nemmeno una sentenza di incostituzionalità gravata sulla attuale legge elettorale ha suscitato quel sufficiente ripensamento nelle principali forze politiche che ne hanno scritto un’altra, qui ha ragione Rodotà, peggiore della precedente. Al contempo, si vuole semplificare i costi del sistema e le procedure del governo e questo è giusto. Solo che, un conto è abolire il Cnel, un inutile baraccone, un altro il Senato che è parte fondamentale del nostro sistema parlamentare. Il progetto di Riforma del Senato, come si capisce dalle reazioni che ci sono in questi giorni, non è stato sufficientemente discusso, né per la composizione, né per le competenze e vediamo che nello stesso partito di Renzi, Vannino Chiti ad esempio, si avanzano distinguo ed obiezioni. Altrettanto vale per la riforma delle province, dove qui è l’opposizione - che pure ha siglato un accordo con Renzi - a sollevarsi. Può anche essere che le difficoltà in cui si trova Berlusconi creino tanto scompenso, ma un dubbio sugli effetti autentici della riforma del Rio per la verità era stato espresso già ai tempi del governo Letta. Ci pare che Renzi lo abbia sottovalutato. Non siamo fra coloro che hanno rancori o invidia nei confronti di Renzi, anzi apprezziamo il suo sforzo innovatore, ma siamo anche convinti che su questioni di questa delicatezza serviva una riflessione più compiuta e più autorevole di quella svolta. All’inizio della legislatura avevamo suggerito la necessità di un’Assemblea Costituente. In tutto il contesto intellettuale del nostro Paese, c’è un solo professore della Luiss che se ne è detto altrettanto convinto. Senza un’Assemblea Costituente, Renzi non riuscirà nel suo, comunque lodevole, intento, e sarà costretto a rinunciare al mandato ed andare al voto. Già dopo le europee ci si renderà conto di questa realtà drammatica. Basterà che le forze di maggioranza si rivelino minoritarie rispetto al complesso del corpo elettorale. Un rischio che ancora nessuno sta prendendo in considerazione, tale è la straordinaria sufficienza di analisi in cui è caduta la politica italiana. Roma, 4 aprile 2014 |